Tre voci per ricomporre un'identità: quella di David, che non ricorda più chi sia. Nelle tre lettere-monologhi che gli rivolgono due amici dell'adolescenza e il patrigno, i ricordi che lo coinvolgono si intrecciano con le storie personali di chi scrive, in una fitta tessitura di vicende dolenti e disperate e sentimenti che rompono gli argini del quieto vivere familiare, mostrando le numerose crepe nei rapporti interpersonali. L'autore trascina nell'occhio del ciclone una storia personale che è anche generazionale, indagando sui ruoli famigliari e di genere, e su quello che accade quando l'identità di qualcuno viene ricostruita attraverso il filtro delle vite degli altri.