L'uomo che osò demolire il mito e il "culto" di Stalin, che simboleggiò l'inizio di una stagione di "disgelo" nella vita sovietica e di distensione nell'arena internazionale, dopo gli anni della guerra fredda: tutto questo fu Nikita Chrušcëv. Figlio di un'epoca che vide il tentativo di dare "l'assalto al cielo", Chrušcëv ne visse le impennate più tragiche e grandiose, seguì il tirocinio avventuroso e drammatico di molti dirigenti bolscevichi, raggiunse la sommità del potere e, deposto, finì i suoi giorni in una malinconica solitudine, come un pensionato qualsiasi. Ripercorrerne la parabola personale e politica, come fa Roy Medvedev, equivale a riaprire l'investigazione critica su interi capitoli di storia, dalla "costruzione del socialismo in un solo paese" all'emergere dell'URSS come potenza mondiale dopo la vittoria sul nazifascismo.