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«Mi sono raccomandata al Diavolo perché in questi casi Dio ti snobba», dice una delle protagoniste di Bastarde disperate, il primo grande libro di Dahlia de la Cerda, vincitore del Premio Nacional Comala 2019 in Messico. «Per uscire da tutto questo non basta volerlo, andare oltre. Queste sono frasi da bianchi. Nel quartiere ti giochi il tutto per tutto per sopravvivere.» E non vale solo nel «quartiere», violento e popolato da cholos, delinquenti e spacciatori, se anche Yuliana, la macabra e tenera erede al trono di un signore della droga, nella sua sierra non può smettere di combattere per stare a galla. E se la sua migliore amica Regina è costretta a pagare caro il suo desiderio di avere «un fidanzato trafficante, un buchón, uno che si vestisse firmato e non andasse da Zara e che, come animali domestici, non avesse dei gatti Sphynx ma dei leoni». Ma quando tutto manca, c'è sempre la magia: «la migliore strega della regione» offre i propri servigi attraverso la sua pagina Facebook, e tratta con il diavolo per impedire ai cani del vicino di saltare la recinzione e buttarsi nel suo patio a fare i propri bisogni. Le «bastarde disperate» di de la Cerda condividono le difficoltà e i pericoli legati al solo fatto di nascere donne, e si confrontano con le risorse che la vita offre loro, costrette, in una terra di nessuno, a distinguere da sole qual è il confine tra bene e male. Ognuna di queste donne ci colpisce dritto in faccia, non sapremmo dire se per la sua forza o per la sua fragilità. Mentre l'autrice ci malmena, noi siamo felici. Ridiamo. Perché la scrittura è delicata, ironica nonostante tutto. Perché l'umorismo serpeggia tra narco-socialite, killer prezzolati, corridos messicani e influencer in cerca di like.