Ha appena cinque anni, Gaio Giulio Cesare, quando il padre decide di portarlo con sé per una campagna militare nelle terre da cui ha preso il suo nome: la Germania. Perché suo padre è Germanico, il più potente e acclamato generale di Roma. L'uomo che molti vorrebbero incoronare imperatore, al posto dell'odiato e temuto Tiberio. Il comandante che non ha paura di nulla, tranne che di un essere umano: la moglie, Agrippina, nipote di Augusto, la madre dei suoi figli. Tra loro c'è Gaio, che non ama il suo nome e preferisce il soprannome che gli hanno dato i suoi amici legionari, cui procura schiave e divertimenti, ottenendo in cambio di essere accolto nel loro gruppo e ricevere i loro duri insegnamenti. Quel soprannome che prende origine dalle calzature militari troppo larghe che ha sempre ai piedi, le "caligae". Quel soprannome che porterà con sé per tutta la vita: Caligola. E quando suo padre Germanico viene avvelenato ad Antiochia, la terza città più grande del mondo, il piccolo Caligola giura che avrà la sua vendetta. È in quel momento che capisce che essere amato non basta, che essere un grande guerriero non è sufficiente, che il vero potere risiede nelle informazioni. Per questo impara ad attraversare non visto i corridoi dei palazzi imperiali, dove viene a conoscenza di trame, intrighi e congiure, ordite da uomini assetati di potere e da donne crudeli e disinibite. Sotto il sorriso maligno del vecchio Tiberio, che pare avere stretto un patto con gli dèi, tanto si mantiene lucido, energico e spietato...
Mi ha attratto fin dal primo istante.
Affascinante e leggero, seppur in modo sempre romanzato tenta di rivalutare lImperatore Caligola, calunniato per secoli da falsità filo-senatoriali. Un protagonista che lautore riesce a farci amare, coinvolgendoci nella sua storia fino agli ultimi terribili istanti. Accidenti ci sono rimasto male per tutti i suoi grandi progetti mai realizzati, in cima alla lista spostare il centro di potere lontano da quel covo di ratti che era Roma.
Questultima viene delineata in modo crudo e bruttale. Altro che la Città Eterna, qui si mostra il suo aspetto peggiore: una città fraudolenta e corrotta. Il Senato è un vero e proprio cancro vivente, fonte inesauribile di lotte e instabilità. I pretoriani sono sempre più avidi di potere e refrattari a qualsiasi forma di onore e lealtà. La corte imperiale, mai liberata dagli intrighi politici della vecchia repubblica, pullula di terribili delitti e complotti. Una città intrisa di sangue, tradimento e decadenza morale, dove non ci si può fidare di nessuno. Da ciò deduciamo una cosa: forse il problema non era Caligola, non era Nerone, ma la stessa civiltà romana, marcia fin dalle fondamenta.
I miei personaggi preferiti sono senza dubbio Caligola e sua sorella Drusila.
Della maggior parte degli altri ciò che più colpisce è lambiguità, lautore fa in modo che neanche il lettore possa capire se siano o no invischiati nei vari complotti. Perché a Roma non ci si può fidare di nessuno, non si può sapere chi è colpevole e chi no.
Mentre i peggiori, i più spregevoli, sono senza dubbio Seiano, Cherea e il falso imperatore Tiberio, solo grazie alla lui la dinastia di Augusto si è estinta.
È sicuramente un buon libro tuttavia non è perfetto.
La ricostruzione della realtà politica romana, come ho già detto, è davvero buona, però la realtà generale mi è sembrata più carente, meno convincente. Sotto questo punto di vista, soprattutto dopo aver letto Carthago, mi aspettavo di meglio dallautore.
Inoltre le scene di sesso sono abbastanza esagerate.
Alessandro - 24/08/2018 10:28