"Schopenhauer è il migliore disinfettante per lo spirito appestato dalle ideologie e dalle giaculatorie dell'ottimismo costituito. E' anche un grande guastafeste; e si capisce facilmente perché i doganieri della nostra cultura ufficiale, a cominciare da Benedetto Croce, non lo lasciassero passare. Ma quando il Nilo è arrivato al Cairo, dice un proverbio arabo, non c'è nulla che possa rimandarlo indietro. Ancora più difficile, però, è arginare o impedire il corso della verità, che prima o poi finisce sempre per travolgere le imposture. E questo è proprio il caso della filosofia di Schopenhauer, che ora, anche in Italia, costituisce un punto di riferimento per gli animi smarriti. Per giunta il grande filosofo, che osserva con distacco le miserie di questo mondo, ride e fa ridere, nobilita e diverte nello stesso tempo. Quelli che sono abituati a giudicarlo per sentito dire e lo credono il salice piangente della filosofia avranno modo di ricredersi. Né in questi ""Colloqui"", presentati per la prima volta al lettore italiano, si parla solo di filosofia, ma anche di arte, di poesia, di scienza, di costumi e di politica, mentre la serie dei personaggi che entrano in scena si estende da Wieland a Wagner. E la moria di bestiame accademico auspicata da Schopenhauer? Non c'è stata! Siamo franchi: quel bestiame serve a poco, perché con le sue produzioni non ha mai fatto spuntare nulla sui prati delle Muse, neppure una margherita o almeno un ciuffetto di cicoria. Però si riproduce paurosamente, sì che continua a dilagare dai recinti accademici per pascolare e muggire in ogni dove. Potesse, qualche Schopenhauer, sospingerlo a una transumanza senza ritorno! Anacleto Verrecchia"