Oggi si parla molto di lavoro, riforma, ma la precarietà il nostro autore l'ha insegnata ai giovani nei corsi di formazione. Spesso, così racconta, nei corsi di orientamento ha mostrato la sua vita per far raccontare ai ragazzi la loro. Un modo per fare coming out, parafrasando dal movimento omosessuale, dichiarando stavolta la proprietà precarietà come per dire se ce l'ho fatta io... invitando ad accettare la flessibilità e gettarsi nel mondo del lavoro. Ora in questo libro, l'autore immagina di essere costretto ad andare da uno strizzacervelli, perché la condizione di precario a vita non basta più. Soprattutto quando il potere prende il sopravvento sfruttando la precarietà, attraverso i meccanismi perversi, del clientelismo, raccomandazioni, cooptazioni, discriminazione e mobbing. Se c'è un modo di parlare dei temi stringenti che riguardano il lavoro è proprio parlando delle esperienze personali, per capire fino a che punto si può spingere. Ma l'autore fa di più mette in piazza storie e personaggi della vita reale tarantina, quelli che sono stati in contatto con lui nel partito, nel sindacato e nella politica interfacciato con il comune dall'era dibelliana in poi e sempre raccontando al suo brain trainer cita fatti, misfatti, che mostrando la precarietà dei rapporti, l'arrivismo e il senso del potere che trasforma le amicizie, le delusioni dei percorsi, giunge fino a parentopoli come dice il dottore durante la seduta " come il tocco finale del diavolo". La psicologia del lavoro studia anche le relazioni di gruppo e il gioco di squadra, ma nel racconto questi traspaiono più come il gioco di altri in cui il protagonista è messo al centro, e dove la squadra è più intesa come l'allinearsi alla politica del palazzo, all'omertoso comportamento di chiude le storie, abbassa i toni, altrimenti si chiude ogni prospettiva.