Abitiamo da sempre, e da sempre abbiamo abitato la trasfigurazione, configurazioni specifiche dell'albero da cui siamo scesi. Ma oggi è l'incertezza la nostra casa, una casa senza radici. La decretata e decantata fine dell'antropocentrismo è solo l'ultima manifestazione del pensiero debole: l'ennesima fantasmagorica immagine di un noi stessi spaesato. Ci ritiriamo dal palco portando nel nostro solipsismo il concetto di territorio, lasciando così l'ambiente senza sovrastrutture culturali ma con gli sfasci delle nostre esuberanze e arroganze. Ci ritiriamo confusi, allo stesso tempo attratti e annoiati dalle mille forme di cui ci siamo dotati e dai mille volti che indossiamo, e ci chiediamo sempre più insistentemente: dov'è la mia casa? Perché casa è nulla e casa è molte, troppe cose anche per chi le sa accettare. Un suono per un intorno senza corpo, un abito per nasconderlo o svelarlo. Ora, e domani un altro, fino alla prossima sfilata. Ecco il monito del What a Merry-Go-Round di Alexander McQueen per il nuovo millennio: tutto è solo una giostra, quella del nostro inconscio. Esternalizziamo ciò che siamo in un dato momento per costruire attraverso ciò che si dice di noi un senso che ci protegga dal caos, anzitutto il nostro. Ma di cosa parliamo quando ancora di spazio avvertiamo il bisogno? Questo libro racconta la storia di bipedi perennemente alla ricerca del proprio albero. Questo libro racconta la storia di un bipede che vuole il controllo, e territorializzare ancora l'ambiente. Questo libro racconta la storia del primato dell'architettura.