«Questo volume non si occuperà di storia dell'arte, ma propriamente di estetica filosofica. Si tratta di trovare un paradigma epistemico che depuri l'arte islamica dalle incrostazioni e dalle deformazioni eurooccidentalcentriche di quei molti che finora l'hanno studiata. Il problema è chiedersi - riprendendo John Keats - se l'arte riproduce non la bellezza, ma la verità. E se questo è davvero tutto. Si vedrà la mia risposta nel confronto con Nietzsche. Nella cultura islamica, tre termini possono rimandare all'arte: àdab, fann (plurale funùn) e sinà`a (plurale sanà'i`). Àdab tradotto spesso come "letteratura", ha un significato assai più sfumato e complesso di pura arte della parola. Come il termine paidèia in greco, esso implica anche il concetto di comportamento educato, cortese e raffinato. Può quindi addirittura alludere alla "cultura". Sebbene l'estetica non si esaurisca di certo nelle arti figurative, un problema da affrontare è se davvero l'arte islamica sia an-iconica. Si tratta forse del luogo comune più diffuso presso i non addetti ai lavori riguardo alla visione estetica islamica. La proibizione della resa in immagine è tassativa solo quando risulta in un'offesa alla religione. Del resto l'estetica islamica non è mai, in sé e per sé, estetismo sensistico». (Dall'Introduzione)