L'opera di Emanuele Severino si è caratterizzata per la centralità della tesi dell'eternità di ogni ente in quanto tale: ciò che è, fosse anche la realtà più semplice e quotidiana, non può non essere, ma è destinata a rimanere immancabilmente se stessa. Ciò non significa che non si verifichi il mutamento, ma tale modificazione del contenuto dell'esperienza non è tale da compromettere l'impossibilità che ogni essere non sia. Sviluppando tali tesi centrali, Severino ha approfondito una rigorosa elaborazione filosofica che, se da un lato tende a opporsi alla metafisica classica, incentrata invece sul divenire degli enti e sulla trascendenza dell'Essere, sembra continuare a mantenere alcuni legami con tale tradizione di pensiero, tra cui, ad esempio, il fatto stesso che la totalità dell'essere non possa stare in equazione con la totalità dell'esperienza. Invero molti metafisici classici si sono mobilitati nel tentativo di rispondere alle tesi severiniane sottolineando, in molti casi, le divergenze e le incompatibilità, piuttosto che concentrarsi nell'individuazione dei persistenti tratti in comune tra queste due linee di pensiero.