All'indomani dei due conflitti mondiali l'Europa si è ritrovata a fare i conti con macerie sì materiali ma anche morali, culturali, intellettuali, sociali. A ottant'anni di distanza Giuseppe Giaccio si interroga sugli esiti di questa catastrofe e sulle proposte filosofiche e politiche avanzate dall'intellighenzia per venirne fuori: il decisionismo, da un lato; il revisionismo liberale della Scuola di Friburgo e della Scuola austriaca e il keynesismo, dall'altro. Ne emerge un quadro tutt'altro che rassicurante circa le prospettive future del Vecchio Continente. La storia rimane tuttavia aperta. Come diceva Ortega y Gasset, "non sappiamo che cosa ci accade e questo non sapere è precisamente quello che ci accade". Vale anche per il destino politico dell'Europa: non sappiamo cosa accadrà. È una dinamica esistenziale non semplice, per alcuni forse disperante che esige, per essere padroneggiata, lucidità razionale e chiarezza di pensiero.