Il "piccolo popolo" dei folletti, esseri alti una spanna che fanno burle e dispetti e possono rapire bambini dalla culla sostituendoli con i loro rampolli grinzosi come vecchi decrepiti; i leprecani, gnomi calzolai che fabbricano le scarpe per le danze delle fate; le sirene che escono dal mare per pettinarsi e allora si possono catturare, basta rubar loro il cappello rosso a tre punte; i giganti dalla barba di pietra che si salda alla roccia delle scogliere; i cadaveri insepolti che s'aggrappano alle spalle dei vivi e si fanno trasportare fino a che non gli si scava un tomba... Il folklore irlandese è gremito d'una folla di presenze soprannaturali che discendono in linea diretta dall'antico paganesimo celtico e che si mescolano coi diavoli e coi santi delle leggende cristiane in una continuità fantastica atemporale, radicata ai prati e alle pietre della verde isola indomabile. W.B. Yeats che è stato, oltre che uno dei grandi poeti del nostro secolo, anche un accanito cultore delle tradizioni irlandesi e un polemico rivendicatore dell'immaginazione magica nel cuore della nostra civiltà meccanica, ha dedicato ai racconti popolari della sua terra un prolungato lavoro di ricercatore, di trascrittore, d'antologizzatore, d'editore. Il corpus delle sue raccolte folkloristiche ha due qualità fondamentali che gli danno spicco tra tutti i libri del genere: 1) la scrittura piena di vivacità e di calore e di poesia, sia che racconti un semplice episodio di apparizione paurosa, una credenza locale bizzarra o un'elaborata vicenda visionaria e incantata, cosicché la lettura risulta sempre varia e trova spunti di divertimento a ogni pagina; 2) un'applicazione classificatoria e sistematica che permette a Yeats di mettere ordine in questa proliferazioe fantastica tra le più aggrovigliate e ridondanti e di farci da guida con mano sapiente e discreta. (Italo Calvino)