Le storie raccontate in "Fine dei Giochi" sono solo apparentemente slegate. L'antologia è un percorso, talvolta onirico, che ci accompagna dai sacrifici della Cultura celtica, sino all'agonia delle ultime ore di Vincent Van Gogh. Si rivive lo sbarco (in Normandia?) di un contingente miliare e si assiste al disastro provocato da scienziati schiavi delle proprie macchine.
Passando dallo scontro che segnò la fine della Cavalleria per mano dei primi archibugieri spagnoli, a episodi di vita riconducibili alla quotidianità di tutti noi, in ogni occasione sarà possibile riconoscersi nei dubbi e nelle debolezze dei protagonisti.
Tutti, alla fine, dovranno affrontare qualcosa che li soverchierà, arrivando alla "Fine dei giochi".
Terminato il libro, saremo obbligati, ancora una volta, a chiederci se siamo davvero artefici del nostro destino.
Dodici racconti in cui viene affrontato, secondo diverse prospettive, il momento della fine. Il dubbio amletico è sempre il medesimo: esiste il destino, quindi succede quello che deve accadere, o il libero arbitrio permette di scegliere e quindi siamo artefici del nostro destino?
I racconti sono molto diversi e non necessariamente la parola fine coincide con morte (anche se nella maggior parte dei casi essa ha comunque un ruolo primario). La guerra, osservata in diverse epoche e circostanze, offre i migliori spunti di riflessione (Lo sbarco, Il messaggio, Tabulati, Punto d'impatto). Non mancano i riferimenti mitologici (Atlandide, Le linee del sole) e vi è anche una interessante e originale versione romanzata della morte di Vincent Van Gogh (Campi di grano). Il giorno in cui ritornammo a veder le stelle (bella citazione Dantesca) e Giusto in tempo hanno un risvolto paranormale, mentre Cambio letto, Ascolta un amico e Non è meraviglioso? sono reali e attendibili in modo inquietante. Probabilmente proprio questi racconti hanno determinato la scelta della categoria horror. Basta aprire un quotidiano qualsiasi in un giorno qualunque per trovare conferma al fatto che c'è più orrore è nella vita di tutti giorni, che non nel fantasy più truculento e sanguinario.
La mia personale Palma d'oro per il racconto migliore va a Tabulati. Se da un lato sembra dimostrare che la bilancia penda più dalla parte del destino, che da quella del libero arbitrio, dall'altro lascia intendere che la rigida applicazione delle regole ha dei pericolosi effetti collaterali. Quindi il libero arbitrio e, soprattutto, l'istinto andrebbero sempre seguiti.
claudia peduzzi - 31/05/2014 14:11