Il 7 ottobre 2023 segna l'inizio del nostro nuovo presente. Quel giorno, un orrendo massacro sconvolge Israele; da quel giorno, la vendetta israeliana fa strage di palestinesi. I mesi passano, ma il prezzo del sangue sembra inestinguibile: travolge case, scuole, ospedali e la vita di troppi civili innocenti. Ma mentre l'opinione pubblica è sempre più atterrita, i grandi organi d'informazione mostrano grande reticenza. Si può essere spettatori al tempo dei massacri? Si può parteggiare per chi dice di difendersi, quando la difesa diventa sterminio? Raffaele Oriani, giornalista professionista e storico collaboratore del Venerdì di Repubblica, ha scelto di chiamarsi fuori dal suo mondo per non partecipare alla "scorta mediatica" che accompagna l'apocalisse di Gaza. La sua scelta radicale, e la lettera con cui la ha motivata, hanno avuto un'enorme risonanza sui social: oltre un milione di visualizzazioni, migliaia di commenti, la sensazione diffusa che un giornalista abbia rotto il muro dell'omertà e si sia sintonizzato con il sentire comune. Ora Oriani racconta la sua esperienza, e mette nero su bianco le tappe di un appuntamento mancato: la libera stampa era chiamata a indagare e denunciare i massacri di civili. Non l'ha fatto. Perché si è scelto di stare a guardare? E quali sono i vuoti informativi che hanno favorito lo sterminio? Mai come in questi mesi i giornalisti avrebbero potuto fare la differenza, eppure hanno scelto manzonianamente di "troncare e sopire". Ma è anche così che nascono i genocidi.