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«Che cosa cerchiamo in un oggetto d'oro o d'argento, in qualcosa di così bello, di così prezioso, di così inimmaginabile da obbligarci a chiamarlo con una parola, 'gioiello' che purtroppo pronunziamo ormai con troppa disattenzione, con leggerezza talmente riprovevole da averla trasformata in qualcosa di banale o di lezioso? "Questi sono i miei gioielli": è la ben nota esclamazione della saggia, sobria, fiera Cornelia presentando i suoi figli, i Gracchi, avviati a una storia luminosa e terribile. Ma la 'gioia', il 'gioiello', è qualcosa d'ineffabile: ed è veramente un delitto umiliarlo sino a farne una parola comune, magari perfino volgare, sia pure quando indica un oggetto prezioso. Perché la gioia, quella vera, è appunto ineffabile a sua volta. Facciamoci spiegare che cosa sia davvero lo stupore, la meraviglia, l'inesprimibile. Ecco qua: è Ariel, la regina degli spiriti dell'aria, a spiegarcelo nella seconda scena del primo atto della Tempesta di Shakespeare: "A cinque tese sott'acqua tuo padre giace. Già corallo son le sue ossa Ed i suoi occhi perle. Nulla di lui era destinato a perire, ma il mare lo ha trasformato In qualche cosa di ricco e di strano"...» (Dalla Presentazione)