Bergoglio lo sa. Alcune volte ne ha parlato in privato. Altre volte lo ha lasciato intendere in pubblico. Dentro e fuori la Chiesa ci sono ostacoli, resistenze, lotte. I serpenti si annidano negli ambienti curiali come nei centri di potere internazionali. Sugli oppositori interni già si scrivono pagine di cronaca e interi tomi, ma è anche la trincea esterna al perimetro del Vaticano a essere foriera di pericoli imprevedibili.
Francesco non lo ha mai negato. Alla vigilia del viaggio in America Latina ha parlato senza ipocrisia: «Quante forze, lungo la storia, hanno cercato e cercano di annientare la Chiesa!».
In un'inchiesta giornalistica rischiosa e senza precedenti, Nello Scavo ha cercato i nemici del papa «venuto dalla fine del mondo». Alcuni li ha incontrati di persona, anche a loro insaputa. In qualche sacrestia, lungo le rotte dei profughi scacciati, in un paradiso fiscale o nell'inferno di una bidonville. Molti continuano a nascondersi. Indossano il copricapo da vescovo o il turbante da mujaheddin, le cravatte alla moda di certi banchieri d'assalto o le camicie di lino di petrolieri famelici. Altri, infine, portano gli scarponi sporchi di fango dei trafficanti di uomini e di armi. Sono mercenari della maldicenza e capi di stato che razzolano male.
«Se subissi un attentato», ha confidato il papa mentre si recava nelle Filippine, «chiedo solo la grazia che non mi faccia male. Non sono coraggioso. Ho paura del dolore fisico, ma ho il difetto di avere una bella dose di incoscienza.»