Una giovanile fuga d'amore, progettata nella penombra di una chiesa e poi cancellata dalla luce, vietata dalla visione della realtà; una borghese festa in famiglia, dominata dal ricordo di uno scomparso, un funzionario imperial-regio; una vacanza sul Baltico in cui, più che il paesaggio, si disegna un clima interiore; uno sguardo, ironico e patetico insieme, agli uffici dove è ancora all'opera, per poco, l'antica burocrazia asburgica; un pranzo scintillante e beffardo nel castello boemo che un nobile decaduto ha ceduto a un giovane, ambizioso affarista; la storia, tra grottesca tragica, e mistica, del nano Bohusch, in una Praga abitata da artisti, ma anche percorsa da fremiti irredentistici... Motivi ricorrenti, nei racconti di Rilke, sono l'attrazione anzitutto estetica verso il passato, un'intensa sensibilità religiosa, un'inquietudine psicologica che trova espressione in un finissimo impressionismo, in forme che già rivelano, fin nei testi più giovanili, una severa religione dell'arte. Ed è luogo ricorrente Praga, la città natale, amata e insieme respinta: «Per tutta la vita» scrive Giorgio Zampa nella postfazione che accompagna questo libro, «Rilke non volle più rivedere la città natale; tale era l'avversione per i luoghi delle sue origini, che evitava persino di fermarsi a Vienna. Ma quei ricordi, quelle esperienze, se si potevano allontanare, non si potevano abolire...» Nella narrativa breve si racchiude tutto il complesso mondo interiore di Rilke, si profila nella sua interezza una delle più fulgide parabole artistiche dell'ultima civiltà asburgica.