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"Camilleri è il cronista - sottolinea S. S. Nigro - il favolista e il mitografo della comunità vigatese. Racconta di Minica e di suo marito. Della loro modesta vita nella solitaria casetta gialla, accanto a un pozzo e a un ulivo saraceno: in un paesaggio arcigno, blandito dal vicino mare e dalla luce". Siamo in Sicilia, tra Vigata e Castelvetrano negli ultimi anni del fascismo. Lungo la linea ferroviaria che collega i paesi della costa fare il casellante è un privilegio non da poco: una casa, il pozzo, uno stipendio sicuro, ma la zona, alla vigilia dello sbarco alleato, si va animando di un via vai di militari e i fascisti, quasi presagendo la fine imminente, si fanno più sfrontati. A Nino Zarcuto, "trentino, beddro picciotto" è toccato un casello stretto tra la spiaggia e la linea ferrata. Si è sposato con Minica e aspettano, finalmente, un figlio. Il lavoro è poco, quindi c'è tempo per l'orto e per andare ogni tanto in paese dove Nino, appassionato di mandolino, può anche dilettarsi con l'amico Totò in qualche serenata improvvisata. Poi una notte, mentre Nino è in carcere, colpevole di avere ridotto le canzoni fasciste a marce e mazurche con chitarra e mandolino, un evento sconvolgente travolge la vita di Minica. Un romanzo in cui mito e storia si intrecciano in quello che Camilleri definisce il secondo romanzo - dopo "Maruzza Musumeci" di una "trilogia della metamorfosi".
Andrea Camilleri è nato a Porto Empedocle (Agrigento) il 6 settembre 1925. Per tutta la sua vita, nonostante il suo grande attaccamento con la Sicilia, vivrà a Roma, dove muore il 17 luglio 2019.
Frequenta il liceo classico Empedocle di Agrigento senza conseguire la maturità poiché nel maggio del 1943 con lo sbarco in Sicilia delle forze alleate fu deciso di non svolgere gli esami e che sarebbe valso il solo scrutinio.
Il periodo della guerra è ricordato da Camilleri attraverso aneddoti che &
Questo libro mi ha molto emozionata e commossa, ha toccato le corde dell'anima
Il casellante
Anonimo - 29/04/2010 11:21
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5
Sembrerebbe che il maestro comincia a sentire l'età, molti punti, oltretutto un finale tirato per i capelli, lasciano il dubbio.
Il casellante
Anonimo - 09/02/2010 00:43
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Romanzo non all'altezza degli altri di Camilleri.
Il casellante
Anonimo - 21/02/2009 15:20
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Un Camilleri lontano da Montalbano , in una storia fiabesca ambientata nella Sicilia del periodo bellico della seconda guerra mondiale . Un racconto lieve e delicato , scritto come sempre con maestria che riesce gradevole e si fa leggere tutto d'un fiato.
Il casellante
Arcangela Cammalleri - 02/07/2008 18:57
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5
Dopo "Maruzza Musumeci" metamorfosi donna-sirena, siamo alla trasformazione donna-albero ( arbolo): le mutazioni si replicano. Certo che la fantasia di Camilleri è una fonte energetica inesauribile e va "oltre i confini della realtà" e a noi poveri lettori fa strabuzzare tanto d'occhi e raggiungere sempre alti gradi di piacevolezza. Si ha l'impressione che i libri "Camilleriani", senza Montalbano, stiano subendo una virata in senso fiabesco, senza, tuttavia, perdere gli agganci con la realtà in una commistione tra passato e presente in cui i fatti sono trasfigurati e i personaggi esacerbati nei loro caratteri, le donne si trasmutano come se volessero attingere a nuove forme per affrontare sfide ai limiti dell'impossibile. Questo substrato di materia narrativa, paradossale e, amara e pietrificante, è impastata da una prosa così strettamente imparentata con il dialetto che anch'essa in trasmutazione, diviene tale. Siamo a Vigata, nel 1942, durante la 2° guerra mondiale, le leggi fascistissime, ridicole nella loro iperbolica radicalizzazione, i bombardamenti aerei, uomini dabbene e immancabili uomini d'onore fanno da sfondo al teatro umano fatto di bassi istinti, primigenia barbarie, violenza ferina e ottundimento delle menti. I due protagonisti, Minica e il marito casellante Nino Zarcuto, si trovano, vittime inconsapevoli, in balia di eventi più grandi di loro. Il tema della metamorfosi, in questo caso, non riuscito (di classica e non memoria), s'innesta nella mente di Minica quando la sua essenza di donna, non più in grado di procreare, la porta a voler diventare un tutt'uno con la natura per riappropriarsi del ciclo vitale di essa a lei che quel ciclo le era stato tolto con la violenza. Estirpata dalle sue radici materne, ella si abbarbica nella terra, in una sorta di rivendicazione di essere soggetto mutante quando la ferocia bestiale dell'essere bruto l'aveva ridotta in mero oggetto consumante. Minica semplice ed illetterata, caparbia e radicata nel suo dolore viscerale, nel suo forte istinto materno, vuole ritornare allo stato vegetale per mutarsi in albero: una follia che solo suo marito per amore e solo per amore asseconda; innaffiarsi, essere concimata, potata, innestata, sono i ritmi effettuali della nuova vita di Minica. Ed ecco che la tenacia e l'ostinazione alla fine daranno i loro frutti: dalle macerie della guerra un bambino sortirà ad illuminare i toni foschi e drammatici della storia. Lo sguardo pietoso di Camilleri vigila al fine di non precipitare nella tragedia. In un'immagine sacra di Madonna con il "Suo" bambino si chiude "Il casellante" a cristallizzare il momento di estatica felicità di Minica: una sorta di quadro della natività, madre, figlio e la grotta rischiarata dalla luce della speranza (o della provvidenza?). Un romanzo di ombre oscure e di luci abbacinanti come è nello stile di Camilleri dove si fondono armoniosamente tutti i segni d'identificazione propri della sua immaginifica arte.
EVA TROJA - 23/06/2014 16:23
Anonimo - 29/04/2010 11:21
Anonimo - 09/02/2010 00:43
Anonimo - 21/02/2009 15:20
Arcangela Cammalleri - 02/07/2008 18:57