Come può una donna o un uomo arrivare a convincersi di avere il diritto e il dovere di cambiare il mondo? E come educare i giovani affinché non crescano piccoli tiranni o, al contrario, vittime passive della società in cui si ritrovano a vivere? Attraverso l'indignazione, ci insegna Paulo Freire. Ma un'indignazione che non è violenza, né rabbia che si esaurisce in se stessa, bensì un atto politico, in cui l'insofferenza per le crudeltà del presente non è che l'altra faccia dell'amore per la possibilità di un futuro migliore. Affrontando le questioni scomode - le lotte sociali, l'alfabetizzazione degli adulti, le miserie del progresso - che hanno accompagnato la sua riflessione e la sua vita, in questi ultimi scritti Freire chiama in giudizio le contraddizioni e le ipocrisie che minano da secoli il colosso del benessere dei pochi. Lo fa, però, senza mai abbandonare la prospettiva pedagogica, e senza mai smettere di ricordarci che siamo soggetti e non oggetti della Storia: perché la constatazione dell'oppressione non si traduca in rassegnazione, ma diventi progetto di una realtà diversa.