Da qualche mese abbiamo una nuova data sul calendario della storia, che sin da subito ha sconvolto tutto il mondo, con spettri e parole di cui, da 80 anni, si erano persi le traduzioni e i suoni. È il 24 febbraio 2022. Alle 4 del mattino le lancette della Storia sono state riportate indietro, al tempo dell'odio, delle stragi e degli olocausti. Quando il mondo si divise tra aggrediti ed aggressori. E, 80 anni fa, gli aggressori eravamo noi, ai fastosi dell'impero del duce, dell'uomo della provvidenza. Per gli altri, allora, il 6 Aprile 1941 ebbe lo stesso valore del 24 febbraio 2022, oggi, per gli ucraini. Mussolini quel giorno ordinò, di concerto con Hitler, di aggredire la terra vicina, quella a quel tempo chiamata Jugoslavia, vale a dire "terra degli slavi". Da lì si arrivò alla cintura di Lubiana, ai massacri di luglio a Podhum e in tutta la terra slava occupata, alle foibe del '43 e a quelle del biennio '45/'47. Magari qualcuno conosce politicamente solo questa pagina, quella del crimine delle foibe comuniste, che cronologicamente vennero dopo. Ma si sa nelle foibe fu versato sangue italiano, prima fu sangue degli slavi. E come diceva Fabrizio De André: «E per tutti il dolore degli altri è dolore a metà». Ma noi siamo stati il "prima" e poi è arrivato il "dopo". Prima siamo stati i carnefici, dopo le vittime. Cronologicamente dopo le vittime. Prima gli aggressori, poi gli aggrediti. Cronologicamente dopo gli aggrediti. Ma con un grande comune denominatore, sia prima che dopo: la guerra è solo ipocrisia, propaganda allo stato più criminale. E non esistono guerre giuste e guerre sbagliate. Non esistono vittime di serie A e vittime di serie B. Il dolore non conosce bandiere, non accetta confini e nemmeno distingue frontiere. Il dolore rimane sempre solo dolore.