Le parole con le quali Dazai Osamu ci conduce in questa storia, scorrono quasi come un "piano sequenza" cinematografico, intrigante e diretto al cuore: un sanatorio in riva al mare, tre ragazzi di buona famiglia, di cui uno appena sopravvissuto a un tentato suicidio, la sua infermiera, insieme solo per quattro giorni che però bastano, in questo microcosmo, per fare emergere a poco a poco fallimenti, sogni, contraddizioni. Ognuno di questi quattro ventenni cerca di trovare se stesso e sfuggire all'opprimente conformismo della società in cui vivono. Nascondono la loro vulnerabilità fingendo di non prendere niente sul serio, come i clown, recitando in ogni momento una nuova buffoneria - pensano di proteggersi mettendosi la maschera del pagliaccio, che è troppo fragile, come un fiore in balia del vento. Ma nonostante i dubbi interiori, l'ipocrisia e il nichilismo, la giovinezza che sgorga prorompente dentro di loro fornisce la forza per non arrendersi mai. Dazai scrisse il racconto nel 1933, a ventiquattro anni, basandosi su alcuni eventi autobiografici, e lo pubblicò nel 1936 in una raccolta dal titolo Bannen (tradotto con "Gli anni finali"). Il libro riunisce una quindicina di racconti scritti dall'autore tra il 1932 e il 1935, anno in cui tentò per la seconda volta il suicidio, e rappresentano, quasi, il suo un testamento letterario. Dazai sopravvisse per dodici anni a questo suo "testamento", che non fu la fine bensì il punto di partenza della sua opera, divenuta nel frattempo una delle più importanti della letteratura giapponese moderna.