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"Maria era in quell'epoca come la rivedo nei miei ricordi e come la ritrovo nelle fotografie dell'album di famiglia, una giovane donna minuta con un viso pallido dai grandi occhi luminosi, incorniciata da una massa di fini capelli castani. Quella fragilità celava una forza d'animo non comune, che le aveva permesso di denunciare, lei signorina di buona famiglia che avrebbe dovuto addirittura ignorare certe vergogne, quello che si celava dietro le facciate di case rispettabili, in cui la donna era tenuta in uno stato di soggezione prossimo alla schiavitù". Così Maria Messina nel ricordo della nipote Annie. Pubblicata tra il 1909 e il 1928 da editori come Sandron e Treves, ammirata da Verga, recensita da Borgese con attenzione partecipe al suo travaglio creativo, la Messina era scivolata in seguito in una sorta di limbo: non più ristampata, assente dalle storie letterarie del Novecento. Riscoperte da Leonardo Sciascia all'inizio degli anni '80 e ripubblicate con continuità da questa casa editrice, le opere di Maria Messina hanno attraversato una nuova stagione di popolarità, e sono state tradotte nelle principali lingue europee. Riconoscendo come il significato dei suoi personaggi "cui manca perfin la forza di gemere" viva oltre il periodo storico in cui la Messina scrisse, la critica le riconosce oggi il suo posto tra i classici del nostro Novecento. La raccolta "Il guinzaglio" fu pubblicata per la prima volta nel 1921.