A Curanilahue, in Cile, la vita silente del sottosuolo sta lentamente trasformando tutto ciò che tocca. Da sotto il terreno filamenti bianchi, come cavalieri della fame e della morte, salgono e si inerpicano su alberi, uomini, animali. Un odore acre succhia tutta l'aria. Intanto, Pedro Marambio lavora in un'azienda forestale; da quando è morta sua moglie a lui sono rimasti solo i figli: Patricio, con i suoi sudoku, e Catalina, con le sue collane di fiori di eucalipto. Dall'altra parte del mondo, Giovanna, dottoranda impegnata in ricerche di Micologia a Manchester, viene richiamata in Cile per studiare un fungo dal comportamento anomalo. Tutte queste vite si toccheranno quando Pedro inalerà le spore esalate dalle viscere della terra e, al risveglio da un coma profondo e sognante, una setta religiosa riconoscerà in lui il nuovo messia. Tutto questo, però, è solo un riflesso, un'eco che risuona sopra il terreno. Sotto, i funghi si estendono per chilometri, comunicano, scambiano segnali elettrici e proteici, tanto da bucare il suolo e infestare la vita, da bucare la pagina e parlare con voce fantasmatica ai personaggi e al lettore. Ne "Il vasto territorio", Simón López Trujillo si muove tra ecologia e realismo sociale, inscena un'apocalisse per interrogarsi sul disboscamento, sui suoi effetti e sulle risposte dell'uomo alla crisi ambientale. E lo fa con un'immaginazione di rara potenza, annunciando inedite forme di convivenza tra le specie.