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Si è detto che c'è stato un tempo in cui gli infedeli sono stati sul punto di conquistare l'Europa intera, fare strage dei cristiani e insediarsi a Roma, ponendo così le basi di un dominio politico e religioso illimitato. Si è anche detto che furono le armate cattoliche, che a Lepanto inflissero una sconfitta memorabile ai Turchi nel 1571, a salvare il continente, la sua cultura, la sua religione. Ma questa è una visione del tutto approssimativa perché i rapporti tra cristiani e islamici, e in particolare tra europei e Ottomani, sono stati al tempo stesso proficui e conflittuali, segnati dal rigetto e dalla comprensione, dall'emulazione e dal rifiuto. Da parte cristiana gli 'infedeli' furono infatti soprattutto studiati e ammirati, e non solo combattuti. E altrettanto dicasi di loro, degli islamici: essi svilupparono infatti un interesse profondo per l'occidente cristiano e le sue istituzioni politiche che cercarono perfino in più occasioni di emulare; non si dimentichi che Istanbul fu da loro considerata come la nuova Bisanzio e il potere sultaniale come una continuazione di quello imperiale bizantino, e dunque romano. Questo libro cerca di indagare, al di là dei molti luoghi comuni, quali sono stati i sentimenti che in proposito hanno pervaso gli europei, come e perché sono nati tra XV e XVII secolo, riflettendo sulle categorie di giudizio, le forme e le strategie che sono state approntate per rapportarsi allo straniero.