Quando ero giovane si diffuse la notizia che stavano arrivando dall'America delle macchine fotografiche che permettevano di vedere immediatamente le immagini che erano state scattate, dopo qualche tempo quel miracolo si materializzò in un avveniristico oggetto chiamato polaroid, macchina in grado di fissare l'attimo e subito dopo restituircelo in tutta la sua potenza narrativa ed evocativa. Nei viaggi teatrali che ho fatto in diversi anni e in altrettante parti del mondo, ho preso l'abitudine di scattare delle istantanee con una macchina fotografica che conosco appena e che mi appassiona per la capacità che ha di renderci non solo volti e personaggi, ma soprattutto emozioni. Il libro parla di teatro, di ragazzi, di terre dimenticate, di un'umanità che non ha nulla ma che sorride, di polvere e miseria, di giovani persi in bottiglie piene di colla, di campi Rom e baraccopoli. Sono scatti dagli ultimi della terra, fatti per ricordare al genere umano che disponendo di capacità e intelligenza per vivere felice su questo pianeta sarebbe decisamente ora che lo dimostrasse.