Una meditazione sul senso della critica letteraria e sulla necessità della ricerca di un lessico in grado di esprimere il proprio "debito grandissimo contratto con la letteratura, un debito di conoscenza e non di consolazione". Scritta in forma di lettera all'amico Marco Lodoli, la riflessione dell'autore parte dal presupposto che il linguaggio tecnico dell'Accademia e del giornalismo culturale abbia creato una codificazione artificiosa se non mortifera della trasmissione della cultura. Il tecnicismo ha finito per allontanare la letteratura dalla sua sorgente primaria, cioè dall'uomo e dalle sue emozioni, dal dolore, dalla felicità, dalla paura. Da qui la necessità vitale di creare un linguaggio critico naturale, di trovare "le parole giuste per dire la cosa", un metodo per avvicinare il lupo, quel temibile, inafferrabile sentimento del bello che assomiglia "alla felicità e alla paura di essere vivi".
Emanuele Trevi, figlio di genitori psicoterapeuti, ha fatto il suo ingresso nel mondo della scrittura nel 2003 con il romanzo "I cani del nulla", pubblicato da Einaudi. Direttore creativo alla Fazi editore e curatore di diverse opere, ha anche collaborato alla pubblicazione di scritti di autori come Giacomo Leopardi, Emilio Salgari, John Fante e altri.
La sua carriera letteraria è stata contrassegnata da numerosi successi, tra cui la nomination al Premio Strega nel 2012 con "Qualcosa di scritto", che ha ottenuto anche il Premio Boccaccio. Ha