«L'uomo è ciò che legge. Ciò che ha imparato. Ciò che ha studiato e ciò che non ha potuto studiare ma di cui qualcuno gli ha parlato». Così scrive Giuseppe Civati all'inizio di questo libro pieno di rimandi e citazioni - a partire dal titolo - che nasce da una riflessione sul ruolo del teatro e più in generale della cultura nell'Italia del Covid, senza dimenticare che la sua crisi è nata molto prima del virus e senza perdere di vista l'obiettivo, che deve essere quello di una rinnovata centralità da costruire oggi nel prepararsi alla fine si spera della pandemia. Perché la questione culturale è una gigantesca questione politica e civile nel nostro paese. Dalla Grecia antica Civati viaggia quindi attraverso i secoli e i confini alla ricerca di quel legame tra cultura e società spezzato da anni di provincialismo del tempo e fascinazione per l'ignoranza, che hanno fatto da garanti dello status quo e sedativi del conflitto sociale. Un legame che spetta a noi rinsaldare, perché «i libri apriranno anche la mente, ma poi sei tu che devi darti da fare». «La verità è che senza la cultura non esisteremmo nemmeno noi. Questo è il punto. Ineludibile. Essenziale. Non ci sarebbe la società e nemmeno ciascuno di noi. Leggete dunque, e scatenatevi. Il mondo è vostro. Vi tocca solo aprire la maniglia della porta e andare a riprendervelo.»