Un grande poeta, una delle voci in assoluto maggiori della poesia del Novecento e contemporanea, giunto al traguardo dei novant'anni, prosegue la sua straordinaria avventura intellettuale con un nuovo libro che apre alla meditazione, che coinvolge una serie impressionante di immagini, brandelli di immagini e simboli, che lavora con intatto vigore sulla realtà cangiante della forma e sull'essenzialità di una parola sempre più asciutta e potente, in un tono al tempo stesso solenne e discreto, controllatissimo. Yves Bonnefoy, in L'ora presente, compone un testo articolato in una serie di componimenti in versi (con prevalenza di sonetti) e di prose poetiche (o veri e propri microracconti lirici) nelle quali sembra veder riaffiorare - o voler recuperare - quelle impressioni o quei bagliori misteriosi, onirici (e rivelatori), che la mente reprime o allontana nel normale tempo di veglia. Il pensiero del poeta si muove liberamente in un intrico di visioni, oscillanti tra ricordo e invenzione, o contemplazione, poiché infatti «la memoria non la smette di rialzarsi», e dove il problema e l'equivoco dell'essere e del non-essere, del senso e del non-senso, che assalgono la nostra epoca, risulta sempre più pervasivo e stringente. Bonnefoy introduce le figure di Amore e Psiche, di Eros e della morte, che diviene, quest'ultima, un'ombra ricorrente, un'immagine di strenua vigilanza, più che di minaccia, che si rinnova quasi di pagina in pagina. E «la morte / già dice no a ogni metafora», mentre peraltro, intorno, la vita, e la stessa bellezza come possibile estrema ricompensa all'uomo sensibile che osserva e pensa, non mancano di manifestarsi, nel tempo di un presente che è come una strana illusione, o come il veloce incidersi del lampo in cielo prima del suo sparire. L'ora presente, dunque, è il nuovo, significativo frutto di una ricerca poetica che non conosce pause o concessioni e conferma la grandezza di un autore, che anche in età avanzata non cessa di scavare in profondo con intatta energia e forza di pensiero attivo.