Il quarantenne Anguilla torna nelle Langhe, sua terra d'origine, dopo una lunga permanenza in America. Il ritorno è però amaro: Anguilla scopre che il mondo della sua memoria non esiste più. Il processo del ricordo è attivato anche da Nuto, un falegname che a suo tempo è stato la figura paterna di riferimento per Anguilla; Nuto, ex partigiano, racconta ad Anguilla tutti gli orrori dei nazifascisti, eventi che hanno cambiato radicalmente l'esistenza di tutti. Anguilla intraprende un viaggio verso il proprio passato, ma non sarà mai in grado di ritornare allo spazio delle origini. Scoprirà che i simboli e i ricordi personali sono stati cancellati dalla Storia e dalla guerra: ne è prova evidente il falò, che da rito ancestrale e propiziatorio per la fertilità dei campi diventa strumento di morte. Pubblicato a poche settimane dal suicidio dello scrittore, il romanzo del 1950 diventa per Pavese la chiusura di un ciclo personale e collettivo, una sorta di epopea che unisce il proprio mondo simbolico soggettivo con gli eventi storici drammatici dell'ultimo decennio.
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