Nell'Unità Casi Irrisolti della polizia di Los Angeles non succede spesso di doversi occupare di una vittima morta con dieci anni di ritardo rispetto alle intenzioni dell'omicida, L'uomo era riuscito a resistere tutto quel tempo con un proiettile nella schiena, senza che si potesse individuare chi era stato a tentare di ucciderlo. E ora a Bosch tocca risolvere un caso in cui il cadavere è ancora caldo, ma gli indizi e le eventuali prove si sono dissolti da tempo. Un compito difficile anche per un veterano come lui, ma ancor più per la sua giovane partner, Lucia Soto, che non ha alcuna esperienza di omicidi. Il morto è un mariachi, uno di quel musicisti messicani che suonano per tradizione alle feste, e quando era stato ferito non c'era niente nella sua vita che potesse spiegare il tentativo di ucciderlo, tanto che all'inizio si era pensato a un proiettile vagante. Ma ora Bosch sa che forse è proprio da lì, da quel proiettile, che deve iniziare la sua indagine, un'indagine che spalancherà abissi di avidità e corruzione, fino a coinvolgere un altro caso irrisolto. avvenuto vent'anni prima: un incendio che aveva causato la morte di molti bambini in un asilo non autorizzato. Toccherà a Bosch e a Lucia Soto trovare i collegamenti tra i due casi e sciogliere i nodi che impediscono di raggiungere la verità. Lo faranno, spesso a modo loro, o più precisamente alla maniera di Bosch aggirando i divieti, sfidando la burocrazia e rischiando molto sul piano personale.
La recensione del libraio
Il suo nome è Bosch. Harry Bosch. Ecco, forse non mi permetterei la battutina se me lo trovassi davanti davvero, in carne, ossa, distintivo, e ben poche chiacchiere. Anzi, sarebbe difficile non sentirsi in soggezione alla presenza di uno dei più amati e longevi personaggi letterari degli ultimi decenni, il detective nato dalla penna di Michael Connelly, che batte le strade di Los Angeles dal 1992, anno in cui compare per la prima volta nel thriller La memoria del topo. Un passato nella giungla del Vietnam, 25a divisione fanteria, nel poco invidiabile ruolo di “topo di galleria” specializzato nell’avventurarsi nell’intreccio di cunicoli scavati come rifugio dai vietcong. Un presente burrascoso tra la Divisione Omicidi e i cold case dell’Unità Casi Irrisolti. Sempre portandosi dietro quel nome ingombrante, Hieronymus, datogli dalla madre in onore dell’inquieto pittore del Rinascimento olandese che nelle sue tavole allestisce un teatro delle atrocità brulicante di sofferenza, un universo dilaniato dal caos e oppresso dal terrore della morte e dal senso del peccato. “Dopo tutto” dichiara lo stesso Connelly “che cos’è una scena del crimine se non la raffigurazione immobile di una violenza ormai passata, la conseguenza di un mondo impazzito, dove nella battaglia tra il bene e il male ha vinto il male?” Ha vinto una battaglia, forse, ma non la guerra. Quando si combatte contro Bosch non è mai detta l’ultima parola. Anche dopo dieci anni, Harry è disposto a riaprire un caso dove sembra ormai impossibile ritrovare piste, recuperare prove e indizi. È quanto accade nell’ultimo romanzo, il diciassettesimo, della serie che ha venduto 45 milioni di copie nel mondo, La strategia di Bosch, in uscita a maggio per Piemme. Dieci anni, infatti, separano il colpo di pistola che ha reso paraplegico il musicista mariachi Orlando Merced dalla morte di quest’ultimo. Dieci anni vissuti con un proiettile conficcato nella spina dorsale senza che sia mai stato scoperto chi, e perché, abbia premuto il grilletto. Affiancato dalla giovane e promettente detective Soto, Bosch inizia proprio da quel proiettile un’indagine che lo porterà a violare troppi silenzi di comodo. Come spesso accade nei thriller di Connelly, a un caso irrisolto si affianca e poi s’intreccia un altro, innescando un’eccitante sfida tra lettore e investigatore a chi individuerà per primo il nesso tra due vicende che apparentemente non hanno nulla in comune. Il ritmo della narrazione e il gusto del colpo di scena non offuscano il tratto distintivo dei noir con protagonista Harry Bosch: l’attenzione rivolta alle sue contraddizioni, alle sue difficoltà, alle ombre che gravano sul suo animo. Alla sua umanità, insomma, che in questo caso fa rima con moralità. Bosch è un lupo solitario che, per quanto disincantato, sceglie sempre da che parte stare, a costo di sfidare regole, gerarchie e convenienze, di infastidire colleghi collusi, politici arruffoni, giornalisti senza scrupoli. Un’ottima occasione, questa, anche per colmare l’attesa della seconda stagione della seguitissima serie televisiva Bosch, i cui primi episodi, sceneggiati dallo stesso Connelly e tratti dai romanzi La bionda di cemento, La città delle ossa e Il cerchio del lupo, sono stati trasmessi in Italia nei mesi scorsi. “Ogni omicidio è la storia di una città” è stato il claim della versione statunitense. E attraversare di notte i quartieri meno raccomandabili di Los Angeles a fianco di Harry Bosch, che sia in un romanzo o in un telefilm, è un brivido che ci si concede sempre volentieri.
Nato a Philadelphia il 21 luglio 1956, Michael Connelly è un grande scrittore di thriller oltre che un giornalista di fama internazionale. Si trasferisce successivamente in Florida con la sua famiglia e all'età di 12 anni si appassiona alla lettura delle opere di Raymond Chandler e come in una specie di vocazione decide che il suo futuro è quello di scrittore di thriller.
Dopo aver intrapreso studi tecnici di Construction management all'Università della Florida decide di passare a Giornalismo con indirizzo scrittura creativa