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Leonardo rivendicò la piena appartenenza della pittura - ancor spesso all'epoca confinata tra le arti meccaniche - alla cultura dei "dotti", all'alta cultura scientifica e umanistica, cioè alle arti liberali. Ma rivendicò per sé con orgoglio anche la superiore dignità di inventore, opponendola anzi alla figura dei retori e commentatori di testi antichi, contribuendo alla formazione di una nuova coscienza intellettuale, intrecciata con la ancora incerta formazione del sapere e dell'identità dell'ingegnere. Questo volume vuole cogliere il senso storico dell'operato di Leonardo "meccanico" ricostruendone il coinvolgimento entro alcune dinamiche - comprese tra Piero della Francesca e il primo Galilei - dei saperi e delle pratiche propri delle arti meccaniche considerate in se stesse; e in particolare entro l'area di attività, di rilevanza economica per la città, che il più raffinato Umanesimo fiorentino, come quello del Poliziano, aveva classificato tra le arti "sordide" e sedentarie: cantieri, mulini, manifatture.