Autrice di La ragazza con la Leica vincitrice del Premio Strega 2018
«Helena scrive a voce asciutta il suo italiano caparbio e preciso che sa schioccare e bisbigliare, lingua esatta di chi ha saputo farsi scrittore in italiano, qualcosa di più intenso di scrittore italiano... E' il raro caso di chi risale alla storia dei genitori anche contro il loro silenzio e la raccoglie a sillabe da una reticenza infinita. E' il raro caso di chi onora il padre e la madre nel senso letterale del verbo ebraico del comandamento: kabbèd, dar peso» Erri De Luca
«Due cose non si possono guardare in faccia: il sole e la morte» ha scritto La Rochefoucauld nelle sue Massime. La visione diretta della grande luce e del grande buio sono per noi intollerabili. Si può essere ciechi per troppa luce o per troppo buio. Per questo occorre abituarsi gradualmente all'una come all'altro. Ed è proprio così, per gradi, che queste Lezioni di tenebra ci portano al grande buio, al cuore nero della storia: Auschwitz. In un racconto nutrito di biografia, che diventa anche biografia di una generazione, l'autrice esplora, pagina dopo pagina sempre più in profondità, il rapporto con sua madre, l'unica di due famiglie numerose a essere sopravvissuta alla Shoah, insieme al padre: ebrei polacchi, vissuti in Germania, dove la figlia Helena è cresciuta sentendosi totalmente estranea al mondo tedesco e alla sua cultura, pur usandone la lingua. Non soltanto una memoria sulla Shoah, ma un resoconto appassionato e allo stesso tempo lucido che punta a misurare l'intensità del contraccolpo nella generazione successiva. E il contraccolpo sta nell'impossibilità di avere radici, nella confusione linguistica, nel bisogno disperato di appartenere e nella condanna crudele di sentirsi estranei, comunque e dovunque. Sta nello stupore di fronte al destino, al male, alla sorte: «Vorrei sapere se è possibile trasmettere conoscenze e esperienze non con il latte materno, ma ancora prima, attraverso le acque della placenta o non so come, perché il latte di mia madre non l'ho avuto e ho invece una fame atavica, una fame da morti di fame, che lei non ha più».