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Un saggio di antropologia che indaga il rapporto e il contributo femminile alla cucina e, in parallelo, la parte che la cucina ha avuto nella determinazione dei ruoli di genere. "La donna che cucina è un dato così scontato che la sua presenza diviene anonima, si perde nell'universale del ruolo. Il maschio che cucina è invece significativo in modo tale che spesso ha un nome, il nome proprio che segna l'univocità della sua presenza, così spesso negata alle sue colleghe. Ecco a voi il cuoco despota, tanto che colui che dirige il lavoro non si chiama mai il direttore, ma il capo, lo chef. Per questo il suo ruolo è stato sempre più spesso quello del cerimoniere invece di quello del manipolatore della materia. Un ruolo asservito alle problematiche del prestigio, alla rappresentanza che tramite il suo fare si può mettere in atto; creatore di un prodotto che testimonia e pone l'attenzione, più che al puro piacere del suo consumo, a problematiche inerenti lo stato sociale e quindi ai tipi della sorpresa, dell'ostentazione e del meraviglioso. L'uomo, anche in cucina, fa appunto cose più vicine al potere che al piacere."