Mario Surbone appartiene al gruppo di artisti solitari che, muovendo autonomamente dalla lezione di Fontana e poi del gruppo «Azimuth», hanno lavorato non sulla tela ma con la tela (nel suo caso: non sulla superficie, ma con la superficie). Nella sua meditazione sull'essenza dell'arte ha verificato, come diceva Nicolas De Staël, che «lo spazio della tela è un muro, ma tutti gli uccelli del mondo vi volano dentro». Questi artisti hanno dedicato la loro vita e il loro ingegno alla ricerca dell'assoluto, hanno compreso, in altre parole, che lo spazio stesso del quadro, apparentemente così circoscritto e chiuso, poteva diventare illimitato, rivelare profondità misteriose, suggerire lontananze, giungere a essere esso stesso una materia, anzi un'antimateria, perfetta da utilizzare, animare, vivificare.