Le civiltà dell'antica Mesopotamia e, con esse, il corpus mitologico che le accompagna, presso il grande pubblico sono ancora oggi meno conosciute rispetto alla civilizzazione egizia o a quella greca. Il motivo va forse individuato nella relativa scarsezza di edifici monumentali sopravvissuti, complice il materiale maggiormente utilizzato nell'area per edificare: l'argilla. L'assenza di piramidi e di templi maestosi da ammirare, unita all'instabilità politica dell'area, che non favorisce il turismo culturale, non stimolano la voglia di approfondimento. Eppure ci sarebbero tante ragioni per farlo. Basti pensare a come i miti mesopotamici hanno influenzato culture e popoli percepiti più vicini a noi. Ne è un classico esempio il mondo ebraicocristiano con la Bibbia, testo relativamente recente rispetto ai poemi mesopotamici e dai quali attinge più di uno spunto. Gli stessi miti greci trovano in svariate occasioni più di un punto di contatto con la mitopoiesi prodottasi lungo il Tigri e l'Eufrate. Ben venga dunque un testo come quello di Ticozzi, che fa ordine nel frastagliato universo dei miti mesopotamici.