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Tutto quello che la gente sa sul cosiddetto «caso Moro» si basa in gran parte su una ricostruzione dei fatti frutto di un compromesso volto a formulare una «verità accettabile» sia per gli apparati dello Stato italiano, sia per gli stessi brigatisti. Le verità finora «non dette» emergono invece da quattro anni di lavoro della Commissione parlamentare d'inchiesta Moro 2 che ha chiuso i suoi lavori nel dicembre 2018. Migliaia di documenti desecretati dagli archivi dei servizi segreti italiani, nuove prove della Polizia scientifica e dei RIS dei Carabinieri, centinaia di nuove testimonianze, permettono finalmente di «ristrutturare il campo della conoscenza» di questo grande delitto della storia italiana, paragonabile, nell'età contemporanea, solo al caso Matteotti. Una sterminata serie di nuovi elementi (non teorie cospirative) permettono di dare «una nuova forma» agli avvenimenti dei 55 giorni del sequestro e a quello che finora ne sapevamo e fanno emergere uno scenario internazionale del delitto (dal Cile al Nicaragua) che i brigatisti hanno sempre negato. Il Muro di Berlino, ai tempi del rapimento di Moro ancora solidamente in piedi, si era trasformato in Italia in un muro di specchi che ha impedito di vedere la più grande operazione «segreta» concepita nel corso della Guerra Fredda. Ma ecco qualche esempio di quanto si è accertato. Almeno due terroristi della Rote Armee Fraktion, la formazione terroristica tedesca gestita dalla Stasi (il servizio segreto della Germania Est), erano in via Fani. Un insolito caffè, posto all'angolo della strada dove avvenne l'agguato, era al centro di un vasto traffico d'armi con il Medio Oriente e con la criminalità organizzata. La prima prigione di Moro era nell'attico di una palazzina dello Ior, la banca vaticana. Secondo le nuove perizie, l'omicidio ben difficilmente è potuto avvenire nel box di via Montalcini 8 così com'era nel 1978. Invece, secondo convergenti testimonianze, Moro fu ucciso nei pressi di via Caetani, in «una cantina di un'ambasciata che adesso lì non c'è più». Fu un imprenditore israeliano che fornì i 10 miliardi del riscatto consegnati a Paolo VI. Le fazioni palestinesi giocarono un pesante ruolo nella trattativa, e il principale protagonista di essa venne ucciso a Berlino Est. Durante il sequestro passarono alle BR documenti top secret della NATO. Quanto basta, evidentemente, per delineare un contesto nuovo e sconcertante.