"Il mondo moderno ha chiuso l'uomo negli uffici e nelle fabbriche, tra l'asfalto delle strade e il disordinato intrecciarsi delle macchine, come in una prigione ostile e assordante dalla quale bisogna, presto o tardi, evadere"."Le radici dell'uomo sono nella natura e nel paesaggio. Vale quindi la pena affrontare un'apparente perdita di rendimento economico per evitare un opprimente e inesorabile distacco e per aumentare gli spazi destinati ai servizi sociali e culturali, sia nella progettazione urbanistica sia nei bilanci dello Stato e dei privati.Gli architetti, gli ingegneri, gli amministratori devono perciò persuadersi a essere al servizio della civiltà, che si riconosce dall'adeguatezza dei suoi spazi".Come sottolinea Vittorio Gregotti nella presentazione del volume, "Adriano Olivetti richiama nel suo testo agli ideali della misura umana, della piccola scala, della riconoscibilità, della comunità. (...) Un'architettura intesa non solo come disegno urbano e territoriale, ma soprattutto come coscienza del dovere morale di costruire proposte di ordine fondate sulla giustizia e su un autentico interesse collettivo".ADRIANO OLIVETTI (1901-1960) È una tra le figure più influenti e singolari del Novecento. Imprenditore straordinario, intellettuale e politico, innovatore delle scienze sociali e precursore dell'urbanistica, tra il 1930 e il 1960 ha condotto la fabbrica di macchine per scrivere del padre ai vertici del successo mondiale e dell'innovazione tecnologica. Il suo progetto di riforma sociale in senso comunitario è oggi riconosciuto come una tra le realizzazioni più attuali e avanzate di sostenibilità.