L'undicesimo romanzo di Jonathan Coe è una storia dei nostri tempi: dal suicidio di David Kelly, lo scienziato britannico che aveva rivelato le bugie sulla guerra in Iraq, agli anni austeri della Gran Bretagna che conosciamo oggi. È un romanzo su quell'infinità di piccole connessioni tra la sfera pubblica e quella privata, e su come queste connessioni finiscano per toccarci, tutti. È un romanzo sui lasciti della guerra e sulla fine dell'innocenza. È un romanzo su come spettacolo e politica si disputino la nostra attenzione, e su come alla fine probabilmente è lo spettacolo ad avere la meglio. È un romanzo su come 140 caratteri possono fare di tutti noi degli zimbelli. È un romanzo su cosa significhi vivere in una città dove i banchieri hanno bisogno di cinema nelle loro cantine e altri di banche del cibo all'angolo della strada. È un romanzo in cui Coe sfodera tutta la sua ingegnosità, il suo acuto senso della satira e la sua capacità di osservazione per mostrarci, come in uno specchio, il nuovo, assurdo e inquietante mondo in cui viviamo.
La nostra recensione
Con Numero Undici Jonathan Coe mette a punto un eccellente ritorno in scena. Lo ammettiamo: ne siamo entusiasti. Le ultime prove letterarie forse non erano state all'altezza del suo folgorante passato, ma Numero Undici ci restituisce un Coe strepitoso, autore di un romanzo costituito da cinque storie intrecciate fra loro, da leggere a rotta di collo, fra sorrisi e riflessioni importanti sull’epoca in cui viviamo.
L'undicesimo romanzo di Jonathan Coe è anche un labirinto metanarrativo di allusioni e interconnessioni a opere letterarie, in particolare a suoi altri libri, soprattutto La famiglia Winshaw. Ma attenzione: Numero Undici rimane perfettamente comprensibile anche per chi non ha mai letto le vicende degli Winshaw e di Michael Owen né alcun altro romanzo precedente di Coe. Anzi è un ottimo punto di partenza per chi non lo conosce, oltre a essere una lettura da non perdere per tutti coloro che già lo hanno apprezzato.
In Numero Undici la riflessione sul presente si mescola con l’umorismo, ma gli ingredienti del miglior Coe ci sono tutti: la farsa politica, i personaggi ben disegnati, un mistero, persino un tocco di horror. Come negli anni più gloriosi della sua letteratura (La casa del sonno, La banda dei brocchi), Coe, meglio di chiunque altro, sa catturare le circostanze sociali e finanziarie di un momento storico e aggiungervi la sua satira spietata. Il realismo è ben congegnato, la prosa elegante e spiritosa. E questo è proprio quello che serve per confezionare un brillante esempio di narrativa contemporanea.