Gli scritti giovanili di Bruno Leoni - le opere che pubblicò dal 1938 al 1942, grazie alle quali ottenne la cattedra di Filosofia del diritto all'Università di Pavia - rappresentano un insieme di ricerche non ancora pienamente apprezzate dagli studiosi in tutta la loro originalità.In questi lavori - che sono qui introdotti da un saggio di Teresa Serra (Università La Sapienza di Roma) - Leoni si confronta con la tradizione filosofica e giuridica tedesca (da Vaihinger a Kirchmann, da Binder a Bergbohm, da Stammler a Jhering), ma soprattutto riflette sullo statuto scientifico del diritto, chiedendosi "se" e in "che senso" la ricerca dei giuristi abbia a che fare con la verità e rappresenti un contributo a una migliore comprensione del reale. Critico sia nei confronti del positivismo che dell'idealismo, Leoni perviene in questi lavori a un punto di vista propriamente "suo" in merito ai dibattiti a lui contemporanei.In queste pagine (e specialmente nel volume del 1942, "Per una teoria dell'irrazionale nel diritto") è inoltre riservata molta attenzione ai filosofi italiani che dominavano la scena in quegli anni (Giovanni Gentile e Benedetto Croce).È proprio in questi saggi giovanili di Leoni che comincia il percorso che lo porterà in seguito a elaborare la sua teoria del diritto come pretesa individuale, ossia come risultato dell'interazione tra soggetti volti a tutelare i propri interessi e vedere riconosciuti i propri diritti.