In ogni ambito della vita sociale, pubblica o privata, ci esprimiamo comunemente con le parole di una cultura razzista, omofoba e sessista che amplifica la pancia del Paese e che nessuna political correctness riesce a debellare. È solo lo specchio della volgarità diffusa o esiste un rapporto circolare per cui parole pensiero e azione si rafforzano a vicenda? Priulla segue le tracce del turpiloquio per accedere alle zone d'ombra della società e far luce sui nodi irrisolti del rapporto fra i generi. Tutt'altro che inerti, le parole definiscono il contesto in cui viviamo e rivestono un ruolo decisivo nella costruzione delle soggettività individuali e dell'identità collettiva, contribuendo a creare le fondamenta sulle quali erigere situazioni di disparità e di prevaricazione nella vita quotidiana. Il rimedio non è dunque il galateo, ma una pratica quotidiana del dissenso e un recupero dell'uso consapevole della lingua come portatrice di significati.