Giselle, Giulietta, Cenerentola, Medea, Swanilda, Francesca da Rimini... sono più di duecento i personaggi interpretati da Carla Fracci, più di duecento i ruoli, le interpretazioni, le storie portate in scena con varietà estrema e sentimento esasperato, perché "il balletto ha un linguaggio più penetrante di quello teatrale, forse è proprio l'assenza della parola a renderlo tale". In un'autobiografia intima, Carla Fracci racconta l'infanzia trascorsa nella campagna lombarda e l'ingresso alla Scuola di ballo del Teatro alla Scala, il Passo d'Addio delle allieve licenziande e i trionfi con l'American Ballet Theatre e sui palcoscenici più importanti del mondo: Los Angeles, Mosca, L'Avana, Tokyo, Londra... Figlia di Luigi, tranviere, e Santina, operaia, lontana parente di Giuseppe Verdi grazie alla prima moglie del nonno, Carla confessa l'amore per la famiglia e l'onestà, per la danza, che ha voluto portare fino ai centri più piccoli, per la musica e l'armonia, "ciò che mi porta l'ispirazione, ancor più dell'ambiente".
Acclamata dai più autorevoli critici di balletto e applaudita con calore da pubblici di ogni levatura, Carla Fracci è stata partner artistica dei più gloriosi danzatori del mondo: Erik Bruhn, Rudolf Nureyev, Mikhail Baryshnikov, Mario Pistoni e Paolo Bortoluzzi. E poi Margot Fonteyn, Gelsey Kirkland, Alicia Markova. Ha lavorato con coreografi come John Cranko, Maurice Béjart e Antony Tudor e la sua vita è sempre stata circondata da poeti, su tutti Eugenio Montale che le dedicò la lirica: La danzatrice stanca. "È grazie a maestri tali se oggi, a più di settant'anni, non mi sento affatto stanca" dice Carla, e aggiunge che le rimane un solo grande desiderio: "che in Italia nasca una Compagnia nazionale di balletto, una Compagnia che possa girare il mondo con le nostre eccellenze senza alcun timore di dare possibilità importanti soprattutto ai giovani, che non devono sentirsi costretti a espatriare".