Lo scrittore serbo-ungherese-ebreo Danilo Kiš (1935-1989) aveva un rapporto particolare con la poesia caratterizzato da ammirazione ma anche da profonda diffidenza. Con grande dedizione Kiš ha tradotto poesie di Lautréamont, Endre Ady, Osip Mandel'štam, Marina Cvetaeva e molti altri. La poesia propriamente detta (perché la sua prosa non manca certo di poesia) è però rimasta sempre ai margini della sua attività letteraria. Ma proprio la continuità tematica, la corrispondenza nella forza delle immagini, nei passaggi dall'onirico al grottesco, rendono le poesie di Kiš una chiave fondamentale per la conoscenza di questo autore che, pur nella sua breve parabola, è senz'altro uno dei più significativi del secondo Novecento europeo.