Quando diciamo: «Prima gli italiani!» cosa intendiamo? Chi ha la cittadinanza italiana o chi in Italia ci abita? Chi parla italiano? Chi ha genitori italiani o chi in Italia ci è nato? E non è la prima volta che ci poniamo questa domanda: ha cominciato Dante con la `serva Italia'; poi d'Azeglio con gli `italiani da fare'; e ancora, i `santi, poeti e navigatori'; gli `italiani nuovi' fascisti o `gli italiani brava gente'. Urliamo questo slogan in un paese dai confini incerti, diviso tra nord e sud, est e ovest, città e campagna. Un paese che ha faticato a parlare la stessa lingua, che racconta a sé stesso una storia composta di micromemorie di parte. Un paese in cui i momenti più divisivi della vita pubblica sono proprio le feste nazionali. Ora questa identità frammentata è messa ulteriormente sotto stress dalle generazioni di ragazze e ragazzi nati in Italia da genitori `forestieri'. E negli stadi, con la realtà attorno a smentire l'ennesimo precario schema identitario, si grida: «Non ci sono negri italiani».