La malvagità non è appannaggio esclusivo di individui deviati o pazzi; chiunque può infierire contro un altro essere umano, perché questi erano gli ordini o semplicemente perché ne ha avuto l'occasione. La tradizionale (e semplicistica) dicotomia tra Bene e Male è sicuramente più comoda, poiché permette un orientamento facile negli intrecci della morale e una identificazione immediata dei cattivi: "loro" sono i responsabili di crimini e violenze, i personaggi da tenere a distanza; "noi", incorruttibili, abitiamo dalle parti della moralità. Le evidenze della psicologia sociale raccontano però un'altra storia, basata su dati, numeri, evidenze sperimentali che rendono lo scarto tra "loro-cattivi" e "noi-buoni" sempre più sottile, fino ad annullarlo del tutto. Non esistono individui totalmente virtuosi, altruisti, sensibili e altri interamente disonesti, egoisti, distaccati. In quanto esseri umani siamo un po' tutto questo, anche se la ripetitività della vita ci impedisce di prenderne atto: osserviamo noi stessi e gli altri nei soliti contesti, lasciamo che siano i ruoli sociali ad interagire; l'esito comportamentale non può che essere prevedibile e coerente alle aspettative. Diventa invece impossibile pronosticare ciò che sarà di noi e degli altri quando le dinamiche situazionali si rimescolano in modo da creare condizioni nuove e impreviste.
E' un libro denso e intenso, uno di quelli da tenere sempre in libreria
Psicologia del male
Anonimo - 02/07/2009 18:13
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Siamo tutti potenzialmente capaci di infliggere il male se gli eventi ci pongono di fronte a determinate circostanze. Un testo ricco di nozioni e conoscenze, fatti e antefatti di efferati atti contro l'uomo, che mette in discussione le nostre certezze circa la bontà o malvagità innata dell'individuo, distinguendosi peraltro per uno stile ricco e originale. Assolutamente da leggere.
Anonimo - 28/02/2010 10:44
Anonimo - 02/07/2009 18:13