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"Ricordo che, subito dopo la pubblicazione del mio primo libro, fui invitato al Bohemian Club di San Francisco. Ci sedemmo su comode poltrone di pelle e ordinammo da bere. Non avevo mai udito un simile elenco di nomi di liquori e di cocktail a base di scotch. Conoscevo solamente le bevande dei poveri, delle città di marinai e di frontiera - birra scadente e whisky ancora più scadente. Nell'imbarazzo della scelta, ordinai un bicchiere di vino rosso, il che fece quasi svenire il cameriere - vino rosso dopo cena". Questo è solo uno degli aneddoti ironici che punteggiano quella che, a sua stessa insaputa, rimane come la vera e propria autobiografia di Jack London. Era il 1913, ed egli era all'apice del suo successo come autore di romanzi d'avventura, quand'ecco che, noncurante del rischio di scalfire tanta popolarità e soprattutto la sua immagine di narratore di grandi illusioni vitalistiche, London decide di gettare la maschera e svelare la sua seconda natura, quella "involontaria" di bevitore incallito. L'intento è dichiarato: puntare l'indice contro le regole della socialità che inducono gli uomini a bere per dimostrarsi tali, sin da piccoli. Non poteva sapere che di lì a tre anni la sua vita sarebbe prematuramente volta al termine e che quelle pagine sarebbero rimaste come la testimonianza della sua intera esistenza. Accanto alla lucida e coraggiosa denuncia che lo anima, a catturare oggi il lettore è il racconto vibrante di una vita vera, vissuta all'insegna dell'avventura e della sfida con la natura.