Incredulità, indignazione, smarrimento, senso di incertezza: più della paura, sono questi sentimenti a lacerare l'anima degli ebrei italiani all'indomani delle leggi razziali. La paura verrà, come verranno gli sguardi girati altrove da parte di troppi concittadini, l'accoglienza generosa di altri, il vuoto crudele della memoria. Temi e stati d'animo che risaltano nei racconti di Antonio Debenedetti "E fu settembre" e "L'inquilino misterioso", in cui sono i dettagli - un passo, uno sguardo, un gesto, un tono - a svelare nella semplicità del quotidiano la profondità della tragedia. Senza retorica, quasi sottovoce, si dipana l'intreccio doloroso di evento storico e umana disperazione, singolo peccato veniale e colpa collettiva. Oggi, queste pagine ci parlano con un'urgenza speciale. Al di là della dimensione poetica - osserva Anna Folli nella postfazione -, il loro valore è quello di una testimonianza: nello spazio universale della letteratura, ci troviamo di fronte alla responsabilità, altrettanto universale, dell'ingiustizia e della sofferenza. Come scrive l'autore stesso: «Le umiliazioni imposte dal Regime fascista e dal razzismo che oggi osa rialzare la testa sono (credo di averlo capito a ottant'anni) una nota ricorrente e segreta in tutta la mia opera. Lo sono certamente in questi due racconti». Con uno scritto di Gian Antonio Stella.