In quello scorcio di XIX secolo che è stato definito la Belle Époque italiana, l'intrigante Roma umbertina diventa un laboratorio: artistico, sociale, politico. A cantarne le gesta è una nidiata di giornalisti in prevalenza giovanissimi, vero e proprio brat pack di ragazzacci incorreggibili, parecchi dei quali destinati alla celebrità. Tra di loro nomi come Gabriele d'Annunzio, Cesare Pascarella, Edoardo Scarfoglio, Matilde Serao, Trilussa, l'autore del Giornalino di Gian Burrasca Luigi Bertelli, lo scrittore proto-fantascientifico Enrico "Yambo" Novelli. Primi professionisti della comunicazione nel senso contemporaneo del termine, essi descrissero la nuova Italia liberale dall'interno, con uno stile frizzante e spregiudicato. Pionieri di fatto del moderno giornalismo parlamentare, dal particolarissimo punto di vista della tribuna stampa delle due Camere (e del Caffè Aragno, del Ronzi e Singer, del "Cillario" e dei mille ritrovi mondani della politica capitolina fin de siècle) nonché delle turbolente redazioni di quattro quotidiani dalla vita breve ma rivoluzionaria: il "Capitan Fracassa", il "Don Chisciotte della Mancia", il "Folchetto" e il "Torneo".