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Negli anni di scrittura dei romanzi della Highsmith la fiction letteraria, come quella filmica, prevedevano una conclusione salvatrice, che preservava la realtà dei fatti in quanto separata dalla irrealtà della rappresentazione. La televisione non disturbava la letteratura, anzi: la accoglieva con garbo e rispetto. Diverso sarebbe stato il mondo negli anni della fortuna cinematografica dei suoi romanzi, quando le narrazioni avrebbero varcato il limite dello spettacolo facendo ingresso nella diacronia delle esistenze. In questo breve saggio, Giulio de Martino avanza alcune ipotesi interpretative sulla fenomenologia del suo personaggio più sconcertante: Tom Ripley. Nei romanzi e nei film, ha attraversato due distinte stagioni della produzione e della fruizione dell'immaginario crime: gli anni '50 del Novecento e i primi decenni del secolo XXI.