Le storie raccolte in questi «racconti ferroviari» narrano con umorismo e tenerezza della «Stazione di Baranovitch», un luogo che parla di conflitto generazionale, di incomprensioni e incomunicabilità, di piccole e grandi miserie umane.
L'occasione è la corsa di un vecchio treno in cui sfilano davanti allo sguardo attento del narratore gli ebrei dell'Europa orientale, protagonisti di una bislacca odissea ferroviaria: un'umanità di piccoli commercianti, sarti, merciai, usurai, bottegai con le loro fissazioni e stramberie, con i loro anacronismi e le loro pigrizie.