Il movimento Beat esplose nella cultura americana nei primi anni cinquanta, con la forza di una profezia. L'evento che, folgorante, lo lanciò, diffondendo impulsi poetici sulla Costa Est e Ovest, fu il reading "Six Poets at the Six Gallery", che si tenne a San Francisco nel 1955. Mentre Allen Ginsberg leggeva il suo "Urlo", tutti erano consapevoli, come disse il poeta Michael McClure, "che una barriera era stata infranta, che una voce umana e un corpo erano stati scagliati contro la rigida muraglia dell'America". Protagonisti di una vera rivoluzione artistica e sociale, compagni di vita e di letteratura, i Beat non solo si battevano in favore delle rispettive opere, ma all'interno di esse parlavano l'uno con l'altro e l'uno dell'altro. Si pensi ai peana di Ginsberg a Neal Cassady in "L'auto verde" e "Sulle ceneri di Neal"; all'elegante omaggio di Joanne Kyger nel "Cappello" di Philip Whalen, o ancora, ai personaggi di Jack Kerouac ispirati agli amici in "Visioni di Cody" e "I barboni del Dharma". Ritmi del parlato americano, ritmi jazz, ritmi dei viaggi in auto e in carro merci, cut-up verbale: se ciò che da sempre attira dei Beat è il mito - i fantastici sessanta, le droghe, il Vietnam, la musica selvaggia -, dalle opere emerge il loro rapporto viscerale e onnipresente con il linguaggio, che ne ha definito il canone negli anni. Prefazione di Allen Ginsberg.