«Cinque minuti. Cinque minuti di ragionamenti da esseri umani». È il tempo di lettura richiesto da ciascun brano in cui Giampiero Mughini, da par suo, riesce a raccontare la società e la politica italiana in formule sempre nuove e spiazzanti. Questa volta, come già aveva fatto per la sua rubrica sul «Foglio», sceglie l'essenzialità di poche righe, consapevole che «scrivere breve breve è infinitamente più efficace, ma anche infinitamente più difficile». Pennellate vivaci e acuminate con cui mette in luce aspetti non visti di eventi che hanno segnato la nostra storia recente, come la crisi di Bankitalia, il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq, la fine di un governo Berlusconi e l'inizio di un altro identico, la nomina di Napolitano alla presidenza della Repubblica, Calciopoli e gli azzurri campioni del mondo a Berlino, portando in superficie relazioni insospettabili e sorprendenti analogie. Emerge il ritratto di un paese che oscilla tra l'orgoglio di essere italiani urlato nei cori da stadio all'epoca dell'ultima vittoria ai Mondiali e l'ironia imbarazzata di fronte alle contraddizioni di un'«Italietta» fatta di soubrette, politici, calciatori e giornalisti, una galleria in cui talento e mostruosità, grandioso e patetico sono vicini e indistinguibili come non mai. Senza pregiudizi e senza bandiere, Mughini regala una risata liberatoria mostrandoci il grottesco, provocandoci a rispondere alla domanda: e che paese è allora?